Informazioni Sikhismo

Nato nel secolo XV per opera del guru (maestro) Nanak, il sikhismo si diffuse grazie all’azione e alla predicazione dei nove guru che uno dopo l’altro succedettero al primo maestro raccogliendone gli insegnamenti morali e religiosi in un libro sacro, paragonabile alla Bibbia, detto Adi Granth.

La parola sikh significa disciplina, e indica una sorta di tentativo sintetico e metodico di conciliare la religione induista e quella dell’Islàm.

E non a caso la regione Indiana in cui si trovano I fedeli sikh ( attualmente oltre 10 milioni) è il Punjab, la cui capitale sacra è Amritsar, al confine con lo stato islamico del Pakistan.

In questa parte dell’India, al tempo di Nanak, il dominio musulmano durava da secoli.

Il maestro prima di morire nominò un successore per portare a termine quel rinnovamento sociale e religioso per cui si era adoperato per tutta la vita, propugnando, oltre all’abolizione delle caste, l’emancipazione femminile e vietando il costume del sati, cioè dell’obbligo, per la donna rimasta vedova, di gettarsi sul rogo funebre del marito.

Verso la fine del Cinquecento, con il quarto guru Ram Das, venne edificato ad Amritsar il Tempio d’Oro ( in cui viene ancor’oggi conservato il Granth), che però in seguito fudistrutto da un’invasione di fanatici musulmani: da quel giorno I Sikh divennero un popolo di guerrieri. L’ultimo guru, Gobind ( morto nel 1708 ), adottò l’appellativo di singh, << LEONE>>, che funge tuttora da cognome collettivo per tutti coloro che professano il Sikhismo, e combatté il nemico fino ad assicurare alla propria religione, che proclama l’esistenza di un solo dio astratto e senza forma che abbraccia l’universo, una certa sicurezza.

A Gobind Singh si deve la fissazione canonica di alcune regole, tra le qual quelle che presiedono all’ammissione di un nuovo membro nella comunità, una sorta di cerimonia di battesimo nel corso della quale tutti I fedeli, di qualsiasi casta siano, vengono riuniti per una libagione comune a base di una miscela liquida di farina, burro e zucchero.

Vengono anche definiti i cinque <K>, gli obblighi cui ciascun Sikh di sesso maschile maschile deve attenersi: Kesha, i capelli e la barba lasciati crescere per tutta la vita, raccolti in una sottile reticella: Kangha, il pettine da portare sempre con sé, perché pettinarsi equivale a farsi una pulizia sia fisica che psichica ; Kara, il braccialetto di ferro al polso destra che indica il dovere di mutuo soccorso tra gli appartenenti alla comunità; Kirpan, la spada a due tagli che simboleggia l’origine guerriera di una stirpe di uomini pronti a battersi per la giustizia religiosa e sociale; Kacchara, l’uso (inconsueto in India) di portare delle mutande per poter fare liberamente le abluzioni rituali entro I cortile dei templi.

Il simbolo più vistoso di tutto il portamento sikh, il voluminoso turbante in seta o cotone dai colori vivaci, viene portato come segno della dignità di questo popolo d’onore e per indicare l’uguaglianza di tutti gli uomini.