Informazioni Induismo
L’induismo prevedico e vedico, cioè quello che si può far risalire alla testimonianza scritta dei veda, canti e inni sacri tramandatisi dal 1000a. C. circa, fu portato in India dalle tribù degli invasori arii, per i quali la religione politeista si sviluppava intorno ai problemi inerenti alla differenza fra il mondo sacro e il mondo profano, il mistero della morte e il mistero della vita.
Le divinità adorate in questo primo periodo sono quasi esclusivamente di sesso maschile (essendo gli Arii una stirpe di guerrieri, dalle gerarchie patriarcali), meno la dea Aditi, che rappresenta il principio astratto della creazione ed è stata chiamata dal maestro Aurobindo << la coscienza infinita>>.
I figli di Aditi sono gli dei, di cui I più importanti in questo primo periodo sembrano essere : Indra, il re dei fulmini (paragonabile in questo allo zeus dell’ Olimpo greco) e della guerra, che rappresenta il vigore Arii contro gli aborigeni dell’India; Agni, il dio del fuoco, simboleggiato anche dal sole; Dyaus pitar, che più anticamente, presso le tribù degli invasori, era considerato l’unico dio, secondo il pensiero monoteista arcaico; Chandra, la luna, la cui bevanda, paragonabile a un magico elisir, è il soma, che produce l’immortalità; e un numero vario di divinità minori, collegate ai culti degli dei atmosferici, dei Vasu, degli dei terrestri di Rudra e degli dei celesti di Aditi.
Quando I Quattro testi dei Veda, e specialmente il Rig Veda, furono popolari presso la nuova cultura Indo-ariana, si delinearono nettamente tre diverse correnti di pensiero religioso: quello politeista, quello monista e quello monoteista.
Per l’induismo non esiste il concetto di dio antropomorfo : la divinità è concepita, con piena astrazione trascendentale, come Sat, l’Essere, l’energia pura che per vibrazioni energetiche dette tapas provocò la nascita dell’universo.
ll periodo storico in cui ciò avviene coincide con la fine del Vl secolo a.C. quando cioè il buddismo e il jainismo incominciano a diffondersi in quasi tutta la regione nord elaborando nelle upanishad una sorta di arricchimento spirituale attraverso gli apporti della cultura dravidica.
Viene cosi portato a termine i concetto della reincarnazione, che appena traspariva dai veda. Con la trasmigrazione delle anime durante i cicli infiniti della vita.
Secondo il risultato degli atti commessi durante l’esistenza, definiti come karma. Nelle upanished vengono spiegate alcune tecniche psicofisiche per ottenere quella conoscenza che stimoli a superare il dolore umano.
La sofferenza e la morte, che altro non sono che <<illusione>> maya.
Nei testi viene fissata l’importanza di un dio astratto, latman, che si indica come Sè individuale, immutabile e immortale oltre ogni morte materiale, che rinasce nel tempo delle reincarnazioni fino al raggiungimento della conoscenza suprema.
In India per indicare l’Atman si dice <<Neti Neti>> che significa il Nonnato, il non-essere, il Non visible: l’Assoluto.
ll fatto importante di questo periodo è che la cultura Indiana autoctona senti il bisogno di tramutare le divinità maschili degli Arii in divinità maschili degli Arii in divinità femminili assegnando ad ogni dio una controparte femminili, o paredra secondo le antiche culture lunari e matriarcali dell’india
Come i Veda, di grande importanza sono anche i purana, cioè gli inni sacri che costituiscono la struttura mitologica dell’induismo e nei quali vengono definiti I nomi degli dèi del complesso pantheon religioso indiano.
Brahma, Visnu e Shiva saranno considerati come gli dèi più importanti, allineati ad altre divinità minori maschili e femminili di origini regionali, o peculiari di certe aree geografiche variamente esposte a influenze esterne.
Alcune teorie come quella del karma, del samsara (cioè del ciclo della ruota delle nascite) e della moksa (cioè della liberazione dal vincolo terreno dell; lo attraverso pratiche meditative e ascetiche particolari) vengono a fissarsi insieme a principi di definizione più recente, come quello dell’ahimsa (la non violenza su tutte le cose esistenti in nature, di qualsiasi genere esse siano), formando le basi filosofiche dell’induismo odierno.
In seguito alle Upanishad nacquero alcune scuole filosofiche paragonabili a quelle contemporanee greche; il sistema Carvaka e quello consimile del vaisesika, di stampo naturalistico e atomistico, la scuola ontologica del Nyana e quella energetica del Samkya, che decifra tutto l’universo secondo uno schema di energie positive, negative e attive chiamare rispettivamente sattva, tamas e rajas.
L’importanza dello yoga si struttura sempre di più a livello ascetico o monacale presso i vari luoghi di culto dell’induismo, come tecnica fisica e mentale per sottrarsi al turbinio degli stimoli interni ed esterni, che generano l’illusione.
Gli otto precetti che vincolano la pratica
Un’altra strada per raggiungere la conoscenza, secondo il pensiero induista, può essere quella della rinuncia (sannyasi) ai beni materiali e al possesso egoistico.
La varietà delle divinità delle sette e delle scuole induiste si deve innanzi tutto al concetto che nulla può essere definito come bene o male in quanto tutto è dio : dall’albero pipal (Ficus religiosa) dei templi alla pianta tulsi (Basilica), dalla pietra alle montagne, dai fiumi agli animali.